
Cosa significa digitalizzare un'azienda?
Marco Ruocco, divulgatore scientifico di Ingegneria Italia, e Andrea Pelizzoli, CEO di Diginnova, dialogano sui temi strategici dell'innovazione, nel racconto di come la digitalizzazione sia un attivatore essenziale per la crescita delle imprese, ma anche per l’attrattività e l’impatto su persone, ambiente e società.
MR: Si parla tanto di digitalizzazione, se n'è parlato anche perché legata agli incentivi; cosa sta effettivamente succedendo nel panorama industriale?
AP: Prima di parlare della soluzione, parlerei del contesto. Siamo in un mondo sempre più piccolo e la competitività sta diventando una sfida importante, soprattutto per i paesi occidentali e la digitalizzazione è uno strumento. Qualcosa si sta muovendo: anche sotto la spinta del 4.0, più del 50% delle PMI ha già investito. L'ideale è guardare a questo tema con un'ampia visione strategica; anche se si inseriscono dei pezzettini di digitalizzazione nel tempo, ci deve essere sempre una strategia unica.
“L'incentivo può essere quella leva per iniziare ad approcciare l’innovazione. Poi ci si accorge che effettivamente ci sono dei reali benefici e da lì magari si dà vita a un percorso; per questo serve una visione alta che preveda una strategia unica.”
MR: Queste cose sono appannaggio solo di aziende strutturate o possono approcciarsi alla digitalizzazione anche le piccole e medie imprese?
AP: No, assolutamente, la digitalizzazione può risolvere problemi di diverso tipo e non deve essere calata nello stesso modo in tutti i contesti.
Le statistiche sono buone perché dicono che più del 50% delle PMI ha già investito ma quante, a livello strutturale, hanno un digital manager o qualcuno che abbia la responsabilità di creare una strategia digitale? Siamo al 15%; questo fa capire che si sta investendo ma forse non in modo strutturato e strategico, a 360 gradi.
MR: Quanto può incidere la digitalizzazione sulla competitività di un’azienda?
AP: Sicuramente ci sono dei benefici. Le statistiche OCSE parlano di una competitività migliorata, per un semplice utilizzo dell'AI, di 1-2 punti percentuali. Oggi abbiamo già tanti dati – dall'ERP al CRM – che spesso non sono strutturati; la competitività aumenta ogni volta che adottiamo nuove soluzioni.
Un elemento su cui riflettere è il contesto globale: gli investimenti che arriveranno sull'intelligenza artificiale sono enormi a livello mondiale, ma l'Europa purtroppo la fa un po' da fanalino di coda. La Cina investirà 900 miliardi nell'intelligenza artificiale che finiranno principalmente nel mondo industriale.

MR: Un esempio concreto: monitorando quanto sta consumando una macchina per produrre un singolo pezzo, si può arrivare a capire il costo dell'articolo, in modo molto più preciso e puntuale rispetto alle stime che si facevano in passato?
AP: Esattamente, si può arrivare a estremi molto spinti o partire da soluzioni più basilari, in funzione del contesto e dell'industria. Ad esempio, è possibile raccogliere dati da diverse macchine per monitorare il costo del singolo articolo, oppure il consumo preciso dell’impianto o anche analizzare i trend storici. Incrociando questi dati con un algoritmo di intelligenza artificiale, si può predire cosa succederà nel prossimo futuro, aumentando la competitività.

MR: Un tema a me caro è quello delle persone. Se un'azienda introduce la digitalizzazione, riesce in qualche modo ad intercettare anche giovani talenti che vedono in questi strumenti un’attrattività?
AP: È indubbio ed è misurato. C'è da fare uno sforzo culturale, perché spesso chi governa le aziende non è della generazione degli anni 2000; è necessario sfruttare le competenze delle nuove leve. Avere un'azienda più avanzata sotto l'aspetto digitale la rende più attrattiva verso italenti;più giovani generano più idee.
“Avere un'azienda digitale, vuol dire essere più attrattivi. verso i giovani talenti che poi generano idee.”
MR: In un periodo in cui le aziende faticano a trovare persone di valore, questi strumenti possono essere una risposta alla carenza di manodopera specializzata?
AP: Assolutamente sì. Ci sono persone nella nostra industria che dopo 40 anni di esperienza hanno accumulato una conoscenza di alto livello; replicare questo in futuro sarà sempre più difficile. Pensiamo al caso del Giappone: prevede di perdere 24 milioni di forze lavoro entro il 2050; per questo stanno investendo massivamente sull’ automazione, la robotica e la digitalizzazione industriale. Anche l'Italia avrà e vivrà problemi simili.
MR: In che modo la digitalizzazione aiuta le aziende a essere più sostenibili?
AP: Parliamo di sostenibilità a 360 gradi: economica, quindi di competitività, ma anche di efficientamento. L'efficientamento porta al risparmio energetico che alla fine è sostenibilità: devo misurarla, devo avere dei dati per capire dove sto migliorando e dove ho inefficienze.

MR: Il tema della cybersecurity è ormai centrale. È una preoccupazione seria che le aziende stanno prendendoin considerazioni o dobbiamo parlarne tra qualche anno?
AP: La coscienza forse non è ancora dove dovrebbe essere; è evidente che il nuovo modo di fare guerra è il cybercrime. Negli ultimi anni abbiamo avuto casi eclatanti come Land Rover con il blocco degli stabilimenti, o come i furti di dati alle ATS e agli aeroporti.
Le stime dicono che solo il 15% dei casi è denunciato; i danni stimati nel solo 2024 ammontano a più di 1,6 miliardi solo in Italia.
In aggiunta, la consapevolezza della cyber security è ancora molto legata alla parte IT (informatica). Più io connetto macchine, più la parte OT (Operation Technology) diventa importante e di conseguenza deve essere protetta. Arriveranno normative che ci forzeranno a farlo, esponendoci a responsabilità legali.
“Le stime dicono che solo il 15% dei casi di cybercrime vengono denunciati;i danni stimati nel solo 2024 ammontano a più di 1,6 miliardi solo in Italia.”
MR: Tu hai nominato la parola “dati” molte volte; perché sono così importanti?
AP: Il dato è la base di qualsiasi decisione, deve essere visto come generatore di valore su cui si posso prendere decisioni calibrate e coscienti; nel momento in cui il mio tecnico specializzato, che magari mi faceva funzionare da sempre la pressa, non è più in azienda, rischio di perdere tutto il know how e la sua conoscenza se non sono stato in grado di raccogliere dati e metterli a terra. Oggi siamo nel pieno di una tempesta competitiva e non ci si può permettere il lusso di dover formare una persona e aspettare 10 anni perché questa performi come ci si aspetta
MR: Questi dati immagino che siano oro colato anche per tutto quello che è il macro tema della manutenzione predittiva. Riguardo a questo, hai qualche dato numerico?
AP: Il mercato globale della manutenzione predittiva è un'area di investimento molto sentita, con crescite previste tre volte superiori rispetto al panorama attuale.
Con la manutenzione predittiva si può arrivare a un risparmio del 15-20%; se parliamo solo di manutenzione reattiva, i benefici possono arrivare anche al 60% dei costi.
MR: Quali sono le skill più utili in progetti di introduzione di sistemi digitali e per chi vuole lavorare in questo mondo?
AP: Per entrambi l'apertura mentale e la predisposizione al digitale sono il primo requisito. Il consiglio è quello di affrontare i processi più ripetitivi con le figure più giovani, che hanno la testa aperta e non sono "inquinate" da esperienze troppo consolidate..
MR: Volendo mettere un punto alla questione, qual è il messaggio da lasciare agli imprenditori?
AP: Il messaggio è di vedere la digitalizzazione come un investimento e non come un costo. Non farla perché "è bella" e tutti ne parlano, ma farla con un fine mirato: migliorare la nostra sostenibilità, non solo in senso "green", ma in primis per il nostro business e per il nostro futuro.
